sabato 1 dicembre 2012

Buon appetito


Entra, prendi pure quello che vuoi. E' tutto gratis, offre la casa. Non preoccuparti se hai voglia di divorare ogni cosa, fallo. Le bestie uccidono altre bestie per sfamarsi e ogni giorno vengono perdonate. Perché tu non dovresti cibarti di me? Si tratta sempre di soddisfare un bisogno, no? Sarai perdonato, anche da me. Non me ne faccio niente, tanto, di tutto questo amore che ho dentro. Preferisco che vada a riempirti lo stomaco per un po', così potrai goderti questa bellissima giornata di sole con la pancia piena. Scusami se ho smesso di parlare. Vorrei intrattenere il tuo pasto con aneddoti divertenti e frasi accondiscendenti, ma stai divorando tutto e più vai avanti, più io mi assottiglio. Hai ancora fame? Mi spiace, hai strappato a morsi anche l'ultimo brandello di fiducia. Però non ti arrabbiare. Anzi dovresti essere contento. Adesso non hai più la pancia completamente vuota e non mangerai più con quella avidità smaniosa. Puoi tornare a casa e assaporare appieno quello che qualcun altro ha preparato per te.

martedì 23 ottobre 2012

Stasera

Niente sorrisi per stasera. Niente soffitti che si trasformano in cieli stellati. Le tue parole non diventeranno musica che riecheggia nei corridoi della mia testa. Le percepisco appena, non capisco in che direzione devo andare. Parla più forte, non riesco a seguirle.
Ci sono solo le mie di parole, sono urla che stracciano le pareti umide, come se fossero di stoffa scura.
Sono al centro di un quadrato infinito di cui non riesco a intuire i lati. Sono l'aria che esce dalle labbra di un giovane padre mentre sussurra qualcosa alla sua bambina addormentata. Sono le tue mani nelle mie. E sono tutti i momenti non vissuti. Gli abbracci mancati. Le domeniche di sole non trascorse. L'aria pulita della notte che tanto amo, stasera mi entra come una spada ghiacciata fino in fondo alla gola. E non mi fa respirare. Sento solo la mia voce urlare chissà dove in un castello di stanze vuote. Vorrei solo trovarmi e farmi tacere.

domenica 7 ottobre 2012

UN CALDO BASTARDO


"Non sto bene, lo vedi che non sto bene?"
Un quarto a mezzogiorno. Un caldo bastardo. Un letto consumato dal sesso, lenzuola umide, mozziconi di sigarette.
"Cosa c'è stavolta? Sono rimasto a dormire qui, non sei contenta?"
Pelle che brucia, ho bisogno di una doccia, di mutande pulite e di una giornata pulita.
"Lo sai che non basta più. Dove stai andando?"
"A casa."
"Ci vediamo oggi pomeriggio?"
Era seduto a metà tra il letto e il mondo. A metà tra me e la felicità.
Avrei voluto appoggiare il mio seno alla sua schiena e parlargli, così sarebbe rimasto con me. Tempo prima sarebbe rimasto con me.
"Ho molte cose da fare, molte cose a cui pensare. Ti chiamo dopo."
La porta si chiude, e così anche le mie gambe. Le guardo. Ora che se n'è andato mettono una gran tristezza. La testa nel cuscino. Capelli appiccicati alla faccia, un caldo bastardo. Mozziconi di sigarette e odore di lui. 
Che ore sono? Da quanto se ne è andato? Perché non chiama?
Verso le sei suona il cellulare. Lo guardo squillare per qualche secondo prima di rispondere.
"Ciao, stasera non ci sono. So di averti detto il contrario oggi, scusa" .
 Non c'è nessuno dall'altra parte del ricevitore. Dove sei? 
"Non fa niente. Però chiamami prima di andare a dormire."
"Non so se mi ricorderò ma ci provo"
Serata di pazzia. Notte d'inferno e di telefoni che non squillano.

mercoledì 12 settembre 2012

IL MIO SCHELETRO


Oggi il mio scheletro è uscito a fare due passi. Stavo seduta alla finestra e lo osservavo camminare tra la gente.
Si muoveva piano, un passo alla volta in un mondo più fragile di lui. Avevo il terrore che da un momento all’altro scomparisse alla mia vista. Non avrei potuto rincorrerlo, prima di varcare la porta era uscito dalla mia carne come un ago appoggiato su una pagnotta di impasto crudo viene assorbito. Però al contrario. E adesso il mio corpo si scioglieva sulla sedia come una gomma da masticare lasciata al sole. I muscoli si contraevano secondo la mia volontà, ma non causavano molto più di una specie di ballonzolio che si espandeva dal muscolo e che scuoteva tutta la massa molliccia con un fremito.
In ogni caso stava lì sulla panchina davanti al macellaio, salutando tutte le persone che passando lanciassero uno sguardo incuriosito. I clienti della macelleria uscivano dal negozio con i loro sacchetti di plastica bianca. In alcuni, dentro i quali i pacchetti non erano stati sigillati a dovere, si poteva notare la pozza di sangue raccolta sul fondo della busta. Carne, carne e ancora carne. Un saluto alla gente, un saluto alla carne.
Erano quasi le dieci di mattina e l’ombra dello scheletro veniva proiettata sul marciapiede formando un intricarsi di segni scuri. 
“Riesco a vedere il sole!“ - una bambina e le sue due trecce fermate da elastici rossi gli si pararono davanti. 
“Come dici scusa?“
“Il sole! Anche se mi sei davanti riesco a vederlo attraverso la tua pancia!“
“Ah si? Hai ragione ragazzina. Lo vuoi un gelato?”
“Solo se lo mangi anche tu con me.“
“Ragazzina, non lo vedi? Non posso mangiarlo, mi finirebbe direttamente sui piedi!“
“Allora non lo voglio neanche io.“
“Come vuoi, ciao ragazzina.“
Ora camminava sul sentiero di ghiaia nel parco, al limite della mia visuale. Piedi di ossa. Ossa contro sassi. Ossa contro ossa. Un rumore fatto di spigoli. Passi di sassi.
Una panchina di pietra. Un culo di sasso su una sedia di sasso.
“Ho trovato la soluzione!“
“Ancora tu, ragazzina!“
“Ho portato una cosa che ti piacerà!“
“Te l’ho già detto ragazzina, non posso mangiarlo il gelato“
“Lo so, lo so! Ma ho avuto un’idea! Fidati di me”
Si tolse lo zaino dalle spallucce e ne tirò fuori una busta di plastica. Bianca.
“Ho fatto comprare questo alla mia mamma!“
La bambina scartò un pacchetto di carta lucida e prese in mano un sanguinante straccio di carne. Il mio scheletro non fece in tempo a scansarla che lei gli aveva già spiattellato la bistecca sulle coste.
“Ragazzina, ma cosa fai?“
“Tranquillo ce ne sono altre! Se hai un po’ di pazienza prima che tu possa accorgertene ti avrò già ricoperto tutto!“
“Ma io ce l’ho già la mia fetta di ciccia! Solo che non è qui. Toglimi questa roba di dosso, per favore.“
“Ma il gelato...e poi guarda! Guarda la tua ombra! Adesso è piena e non è più simile all’ombra di un albero spoglio“
Lo scheletro fissava l’ombra e poi quelle deliziose scarpine che ora la calpestavano.
“Angelica! quante volte ti ho detto di non disturbare le persone che non conosci? Mi scusi tanto signore se mia figlia l’ha importunata.“
“Non si preoccupi, ai bambini piace fare amicizia. Ciao Angelica...“
Ma la mamma stava già trascinando Angelica per un braccio fuori dal parco. 
Restò per un po’ con il culo di sasso sulla panchina di sasso e il lenzuolo sanguinante addosso. Coperto, anche nel suo giorno libero.
Il sole iniziava a scendere e decise di tornare a casa. Si alzò e lasciò cadere a terra lo straccio di carne che già incominciava a puzzare. Ad ogni passo godeva dello scricchiolio pulito che accompagnava i suoi movimenti e dello sfregare freddo delle sue ossa. Pensò alla ragazzina, alla carne nei sacchetti e alla zavorra rotonda del mondo. Entrò nella hall del condominio chiedendosi quanto tempo sarebbe passato prima di riuscire a sbarazzarsi ancora di me, anche se solo per qualche ora.

lunedì 10 settembre 2012

ALBERI


Leggo un racconto che parla d'amore. Non lo capisco. Come faccio a sapere davvero che è d'amore che si sta trattando? Deduco che sia quello l'argomento di cui l'autore vuole discorrere da un istinto radicato e derivante da una vita spesa ad interpretare. Interpreto facce, frasi, sguardi. Ma se l'autore stesse a sua volta interpretando qualcosa, come io faccio con le sue parole? Tutti parlerebbero senza sapere davvero cosa si stia dicendo, tutti conoscerebbero il mondo solo per sentito dire. Possibile che basti avere un'intuizione delle cose, sentirne il profumo senza assaporarne il gusto? Ci si ferma a un passo dal precipizio, l'emozione di avere il vuoto ai propri piedi può dare l'impressione di sazietà, ma il salto è un'altra cosa. Siamo una riga di alberi cresciuti sull'orlo di una scogliera. Le radici a separarci dalla caduta libera. 
"hanno detto che il cipresso si è lanciato!"
"e con le radici come ha fatto?"
"sembra che possano essere estirpate dalla terra"
"ah, interessante. Hai visto che magnifica giornata? Il cielo è così terso che si riesce a vedere la linea dell'orizzonte"
"Oh, hai ragione! Che splendido panorama"